Dalla metà degli anni novanta iniziai a frequentare assiduamente le acque della mecca del carp fishing europeo: il lago di ST. Cassien in Francia.
Su queste “sacre” sponde incrociavo spesso pescatori Inglesi con i capelli brizzolati e decine di anni di esperienza sulle spalle, logicamente cercavo di osservare il più possibile, rubando con gli occhi i loro inespugnabili segreti.
Una pratica in particolare ha sempre destato la mia curiosità: lo “scarico” della boilie, immergendola nelle acque del lago prima di utilizzarla.
In sostanza questi vecchi volponi erano soliti ricoprire di acqua del lago le loro esche, versandola nei secchi fino a ricoprire completamente le palline.
Era facile intuire che quest’operazione servisse per slavare le esche stesse e “invecchiarle” rendendole perfettamente simili a quelle gettate in pastura il giorno prima che rimanevano sul fondo del lago.
Istintivamente elaborai il concetto che quest’operazione le rendesse meno sospette per i furbissimi pesci di quel lago battuto 365 giorni all’anno dai migliori specialisti del settore.
Oggi, col senno di poi, mi rendo conto di poter trarre delle conclusioni più approfondite e utili anche per qualche ambiente nostrano molto stressato.
In pratica utilizzavano quasi tutti esche ready made di tipo “carrier”, poiché all’epoca si trovavano solo quelle, palline ben aromatizzate, mediamente nutritive e arricchite da stimoli amminoacidici potenti.
Essendo Cassien un’acqua molto pura, cristallina e basica, quei potenti stimoli erano certamente amplificati e trasmessi con molto vigore a quei grossi pesci dotati di sistemi sensoriali non inquinati o compromessi e quindi in grado di rilevare particelle infinitesimali di sostanze organiche alimentari primarie.
Inoltre, nell’acqua del lago erano presenti batteri ed enzimi autoctoni in grado di fermentare facilmente le componenti nutritive organiche di quelle palline (essenzialmente la parte proteica derivata dalle farine di latte e caseine, e la componente glucidica degli amidi e degli zuccheri semplici presenti). Ricordo, infatti, che dopo una notte d’immersione, l’acqua si riempiva di bollicine e anche le esche stesse iniziavano ad avere un aspetto superficiale lattiginoso, liberando ulteriori stimoli nutritivi, molto simili a quelli che naturalmente le carpe avrebbero trovato in acqua.
Ecco quindi che il connubio fra la riduzione della parte aromatica chimica (slavata) e l’aumentata attrazione organica di origine fermentativa, rendeva quelle esche più simili all’alimento naturale, e più stimolanti per le difficili e diffidenti carpe del lago.
Da un punto di vista pratico, la ridotta spinta chimica si può ottenere diminuendo la dose di aromi e sostanze chimiche inserite nella ricetta della boilie, ma il secondo fattore non può essere ricreato se non fermentando le boilie.
E su questa pratica rivoluzionaria, ripescata dal passato più lontano, sviluppiamo un interessante pillola di bait guru dedicata a rendere più interessanti e meno sospette le nostre boilie.
Procurarsi l’acqua del lago o del fiume può sembrare ovviamente la strada più semplice e, di fatto, se questo è semplice da farsi lo è.
Una volta procurata l’acqua basterà immergere le esche una notte prima di andare a pesca, badando bene che la fermentazione può avvenire esclusivamente con temperature superiori ai 18 gradi, perché al di sotto di questo limite, i batteri hanno bisogno di tempi lunghi per agire.
Quello che voglio proporre è una fermentazione da farsi più spinta in ambito casalingo a prescindere da avere a disposizione l’acqua dell’ambiente che frequenteremo.
Questa pratica si presta a esche molto compatte, in grado di resistere bene sull’hair rig anche dopo una notte di ammollo in acqua, ed è consigliabile farlo su boilie non troppo cariche di attrattivi chimici di sintesi e prive di conservanti che altrimenti andrebbero a rallentare l’azione degli enzimi e dei batteri stessi.
Dovremo utilizzare dell’acqua non clorata, per questo se possibile usiamo acqua piovana, oppure lasciamo evaporare il cloro per qualche ora lasciando la normale acqua di rubinetto in un secchio a decantare.
Per ogni litro d’acqua aggiungiamo una bustina (circa 5-6 grammi) di fermenti lattici utilizzati per la produzione di yogurt casalingo e 2-3 grammi di lievito di birra attivo.
Risulta fondamentale che l’acqua sia a una temperatura ambiente superiore ai 18 gradi centigradi per ottimizzare l’intervento di questi microorganismi, quindi immergiamo le boilie il giorno prima della battuta di pesca, in modo da lasciarle in ammollo almeno 12 ore prima dell’utilizzo specifico.
L’acqua rimanente dopo l’operazione, comunque arricchita di gusto e attrattivi, potrà essere efficacemente utilizzata per impastare method o pastura da fondo da usarsi come ausiliare dell’azione di pesca.
Questa soluzione complessa, ma non complicata, potrebbe per molti rappresentare una chiave di successo in tante condizioni in cui i pesci sanno ormai “leggere e scrivere” e dove differenziarsi in maniera drastica rappresenta la soluzione più efficace.