RAPPORTI DISCRETI
AMI, ESCHE, DIMENSIONI E DISTANZE
testo e foto di Stefano Forcolin
Considero la pesca un’arte. Come arte, non possiede troppe regole e molte delle sue sfaccettature si presentano in maniera astratta, a volte incomprensibile. Le poche certezze che possono essere considerate verità fanno parte del bagaglio dei pescatori che hanno avuto la pazienza di saper aspettare, maturando un ricco ventaglio di esperienze e che hanno saputo esprimere tutto il loro “savoir faire”. Una di queste certezze emerse in anni di applicazione è legata all’aspetto meccanico della nostra pesca, ossia ai terminali. In tutta l’essenza, si potrebbe affermare che questi ultimi possano dividersi in 2 categorie: (buoni & cattivi), ossia montaggi che catturano il pesce e che (in alta percentuale) riescono a “tenere” sino al guadino, mentre altri che invece (sempre con alta percentuale) non riescono a trattenerlo. Ovviamente l’intera categoria della quale fanno parte include una miriade di sfumature, ognuna con percentuale d’efficacia diversa. Per motivi di concretezza, metteremo sotto esame solamente l’aspetto da noi desiderato, che ha dimostrato il massimo della qualità da noi richiesta che in ultima analisi sarà comodo definire con il termine di affidabilità.
L’IMPORTANZA DELLA DISCREZIONE
Premesso che la dimensione dell’amo non è, entro certi confini, totalmente vincolata alla dimensione dell’esca, ma strettamente legata ad altri fattori (lunghezza dell’hair rig), potremo, sulla base di questo concetto certamente affermare che una tra le prime caratteristiche che rende insospettabile una montatura è il suo mimetismo. Questo porta conseguentemente a pensare che meno “estranei” depositiamo lì sotto e meglio è. In questa ottica, il ridimensionamento dell’amo legato al suo peso sposa appieno l’ipotesi che da sempre si ricollega al fattore mimetico, ossia la naturalezza della presentazione, ovvero il modo con cui l’innesco imiti la stessa esca presente sul fondale come pastura. Ho osservato molti appassionati avvezzi all’uso di ami di dimensioni generose, portare in secco molte meno carpe di quanto questa abitudine possa promettere. É chiaro che possedere convinzioni radicate in tal senso significa avere altrettanti buoni motivi che precludono mentalmente l’uso di uno schema diverso, per concetto, da un altro. Ecco, in sintesi, le motivazioni per le quali sono indotto a pensare che un amo grande è inferiore come resa, di uno piccolo.
PERCHE’ PICCOLO?
1) Provate a slamare con il solo aiuto delle mani, una carpa, allamata al labbro inferiore con un amo n°1: fatto? Fatto! Ora provate a liberarla nelle medesime condizioni ma sostituendo l’amo con uno della misura n° 4: fatto?... No? Allora probabilmente avrete bisogno di un paio di pinze! Che cosa vuol dire?...
2) Avete mai confrontato la punta di un amo n°1 guardandolo attraverso una lente d’ingrandimento, con la stessa di un amo n°4? Vi sarete certamente accorti di quanto la prima risulti arrotondata e non si presenti acuminata come la seconda. Quale delle due, secondo voi risulterà più pungente? Se volete potete anche provare con una delle vostre dita…La risposta è ovvia!
3) Come ho già avuto modo di affermare in passato, sono altresì convinto di quanto un amo grande possa risultare svantaggioso durante un combattimento, in quanto le svariate trazioni, esercitate da angolature differenti, nonché il peso del piombo, possono sortire una sorta di effetto leva fruttando il gambo dell’amo, va da sé, che più quest’ ultimo è lungo, maggiore sarà la forza che si scatenerà sul punto di appiglio…
TUTTO GIRA
Dopo i tre punti appena citati, che sono il sunto delle principali motivazioni per le quali io debba scegliere un amo piccolo (4/6/8) anziché uno grande (1/2e oltre), passiamo al secondo fattore a questo fortemente collegato. Parliamo della dimensione dell’esca. In molti praticanti è radicata la credenza che a carpa grande corrisponda esca grande. Inevitabilmente questa corsa ad ingigantire, porta a fare uso di ami di dimensioni generose. Questo concetto non fa una piega! In quanto un amo grande è sempre meno afflitto dall’ “effetto ombra” che un’esca “importante” possa su di lui esercitare. Per contro, nell’ottica di agevolare i concetti atti alla sua riduzione, ci si è resi conto che semplicemente agendo sulla lunghezza dell’hair rig, ossia la distanza tra amo ed esca, si possano modificare i parametri ovvero le loro dimensioni . In ultima analisi si potranno usare esche voluminose con ami di dimensioni ridotte. Una regola imprescindibile, a tal proposito, riguarda la rotazione dell’amo, per la quale, oltretutto, una misura contenuta è agevolante. Curare questo particolare è un nostro compito primario e personalmente non scendo mai a compromessi, così veloci da fare ma che non potranno mai dare la percentuale d’efficienza che invece potremo trovare nel Line-aligner di Mr.Gibbinson.
PER L’AMUR?
Quanto detto sino a questo punto può non essere perfettamente applicabile quando invece si parla di carpa erbivora. Molteplici sono le diversità attinenti ai terminali. Per quanto riguarda la misura dell’amo, sarà utile tener conto che l’uso di una misura in più rispetto ai parametri fin qui riportati è sempre da consigliare, questo secondo le mie esperienze è l’unico caso dove l’uso di un amo più grande può essere un fattore migliorativo.
MARCHE E MODELLI
Parlare di ami senza citare quelle che poi sono divenute le scelte maturate dopo estenuanti periodi di prove, non è del tutto completo. Quindi, senza che questo possa sembrare il solito spot a favore di qualche azienda, anziché di un’altra, potrei consigliare una lunga lista di ami che si sono rivelati idonei e all’altezza della situazione. Posso comunque in tutta tranquillità affermare di non amare gli ami dalle forme particolarmente “bizzarre”e di usare lo stesso modello d’amo qualsiasi sia l’assetto della presentazione (fondo, pop up, neutro). Un gambo mai troppo lungo è la caratteristica che li accomuna nonchè affilatura, durevolezza ma soprattutto la fiducia che voi riporrete nei suoi confronti, ne faranno la vostra scelta irrinunciabile.
ACCOPPIATE VINCENTI
Nel poter consigliare alcuni abbinamenti amo/esca e relativa distanza, è facile farsi aiutare dal relativo supporto fotografico ma dobbiamo anche tener presente che questi particolari vanno sempre interpretati da ognuno di noi, con la sensibilità acquisita da ripetute prove e questo, credetemi, vale più di mille consigli…Quello che ci può dare una mano è… Proprio la nostra mano, infatti da una buona confidenza con il test del “palmo” è facile ricavare responsi inesorabili nonché veritieri…
Scendiamo ora in descrizioni più definite e palpabili. Aiutandoci consultando l’allegata tabella, possiamo considerare che l’uso di una boilie da 20/22mm può essere tranquillamente montata su un capello collegato ad un amo del n°4, anche in versione doppia, senza per questo, dover modificare la lunghezza dell’hair, che dovrà essere di 6/8mm , misura calcolata dal punto estremo della curva dell’amo. Esche da 18/20mm potranno essere accoppiate ad ami n°6 mantenendo una distanza di 4/6mm, anche queste in eventuale doppia (o tripla) versione. Veniamo a misure selettive quali possono essere le 24/26mm, abbinabili, anche in doppia versione (snow man), ad ami n°2. In questo caso la distanza consigliata tra amo ed esca, non dovrà essere inferiore ai 10/12mm. Al contrario, esche di diametro ridotto, (14/16mm) funzionano a meraviglia con ami n°8 rispettando una distanza di 2/4mm, naturalmente anche con doppio innesco meglio ancora se ben bilanciato da una pop up. Una nota da non omettere, ricorda che l’allungamento delle distanze amo/esca appena citate, può tradursi in talune acque, in perdita di resa, per questo motivo, non amo abbinare esche di 26mm ad ami n° 8.
Numeri e misure, sono parte integrante dei risultati, i quali rappresentano da sempre e in tutto, il sigillo migliore a tutto ciò che si può dire e pensare; un passo concreto verso la certezza delle nostre convinzioni, questa è la pesca, una passione con regole che troppo spesso sconfinano nell’arte dai tratti indefiniti, forte di tutta la sua ineluttabilità, come la vita…