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L'avversario

L’AVVERSARIO

Di Stefano Forcolin

 

La nostra passione è una corsa ad ostacoli contro un temibile e sospettoso avversario.

Una pista a due corsie sempre perfettamente parallele: noi, gli uomini, lei, la carpa.

Solo raramente ci sarà concesso di incrociarla sulla nostra strada.

Conoscere il proprio avversario serve a questo!

 

Quante volte ho sognato di potermi trasformare in un essere acquatico e di vivere almeno per un po’ sotto quel filo così infinitamente fragile e sottile ma forte, da esser capace di cambiare le regole di vita tra terra e cielo. Credo proprio che questo fulmine mi abbia colto dopo che al primo Carpitaly di Gonzaga, assistetti ad una delle più belle relazioni di sempre di un famoso pescatore Belga, il noto Achiel Steven, il quale, pronunciò una frase con la quale fu capace di lasciarmi senza fiato e idee nella testa, a tal punto da mutare il mio modo di ragionare di quegli anni. Quella frase sarebbe in seguito diventata un tormentone ed un monito per molti: “Devi pensare come un pesce!” Pensare come un pesce… Forse, proprio a seguito di questi fatti e grazie a qualche cervello un po’ troppo “annacquato”, sono nate alcune leggende metropolitane. Delle vere e proprie storture che hanno il sapore amaro della sconfitta, come uomini e poi pescatori, nonché carpisti. L’etica centra nulla con queste storie. Una tra tutte, che ricordo esser stata pronunciata da alcuni carpisti, era quella di inserire del Guttalax (lassativo ad uso umano) per facilitare la digestione al pesce, velocizzando il passaggio intestinale, con lo scopo di indurre la carpa a cibarsi con più frequenza… Ignorando il fatto che questa possa essere una pratica anche mortale per il pesce. Oppure di qualcuno che adoperava carcasse di animali morti e li faceva ammollare nel mais, tanto da produrre una sostanza chiamata cadaverina che, a dir suo era molto catturante, ignorando il fatto che la cadaverina è una sostanza altamente tossica e letale … Infatti l’errore che molti sono portati a commettere, senza estremizzare troppo, come nei tristi casi citati, è proprio quello di “umanizzare” i concetti inerenti alla nostra pesca, dimenticando di fatto che la carpa è molto diversa da noi, ed i ragionamenti sui quali basare le nostre sfide vanno semmai incentrati su studi specifici, inerenti alla specie di nostro interesse. Per l’appunto la maggior parte delle aziende più note e serie nel panorama della pesca alla carpa, hanno basato (e basano) le loro scelte commerciali proprio su studi scientifici molto approfonditi riguardanti questo pinnuto. Molte infatti sono le ricerche compiute su questo meraviglioso animale. Alcune tra le più note università del mondo si sono occupate in tempi anche non recenti e sicuramente meno sospetti per il carpfishing, dello studio della carpa, in quanto pesce interessante per scopi alimentari.  Ricordo che sino a pochi anni fa anche da noi veniva allevata intensivamente. In Romania ad esempio, ma anche in moltissimi paesi dell’est Europeo, possiamo trovare ancora molti grossi e ben attrezzati allevamenti di carpa, per poi ritrovarla tra gli scaffali del supermercato, in scatola! Non solo, molti studi avevano l’intento di portare questa risorsa in Africa, per cercare di sfamare le popolazioni più disagiate. Scopi alimentari quindi, ma non solo. Gli ultimi e più moderni studi a riguardo sono stati compiuti per scopi ornamentali. Dal Giappone, la passione per le carpe koi, sta interessando tutto il pianeta e questa filosofia sta muovendo grandi risorse finanziarie, tali da permettere ricerche sempre più accurate nell’intento di poter allevare animali sempre più belli, forti e sani. Non possiamo certo dire di non avere mezzi per poter conoscere la carpa, in quanto si tratta di uno dei pesci più studiati di sempre. Questo in cambio di un po’ di umiltà e voglia di conoscere. La pesca è per me diletto e sono il primo carpista tra tutti che aborre l’uso di manuali tecnico-scientifici per poter godere di questa passione. Non vorrei perdere troppo tempo nello studio e preferisco sporcarmi le mani di terra, anziché sfogliare le pagine di un libro, con dita asettiche … Non so se mi sono spiegato! Il proseguo della lettura è un sunto di questi importanti studi, una sequela di conoscimenti di base, atti a fare chiarezza per darci la sicurezza necessaria quando dobbiamo “pensare come una carpa”, senza per questo dover essere biologi o chimici e dover passare una vita sui libri.

Come respira L’apparato respiratorio della carpa è costituito da un sistema filtrante che sono le branchie. Il pesce aspira acqua dalla bocca tenendo chiuse le branchie ermeticamente grazie ad una membrana a tenuta stagna, successivamente espelle l’acqua dalle branchie stesse, tenendo chiusa la bocca resa a tenuta stagna, sempre per merito di un’altra membrana ermetica. L’ossigeno disciolto nell’acqua aspirata dal pesce viene catturato dalla miriade di vasi sanguigni che permettono il passaggio di quest’ultimo alla circolazione. Capito questo, è facile intuire di quanto possano essere vitali alcune nostre manovre. In primis La ritenzione del pesce, che deve essere praticata in acqua profonda ed abbondantemente ossigenata, in sacchi di dimensioni sempre molto generose, con materiale che consenta un facile ricambio di elemento liquido. Un occhio attento, riguarda le membrane di cui sopra. Attenzione quindi a togliere l’amo dalla bocca del pesce, in quanto primo artefice nel deterioramento della delicata pellicina che si trova all’interno delle labbra che se danneggiata, porta a gravi scompensi nella respirazione. Stesso dicasi per la sottile guarnizione posta sulle branchie, spesso minata da poca cura nella manipolazione o dall’uso di ultimi metri di lenza troppo abrasivi e taglienti (tipo treccia o altro). Mi è capitato soprattutto negli esemplari di mole, e quindi vecchi, di sentire questa membrana vibrare, probabilmente a causa di qualche danneggiamento, causando un rantolo tipico solo di alcuni esemplari effettivamente grossi, cosa che al contrario non mi è mai capitata con pesci giovani. Attenzione anche alle dita che, spesso ed inavvertitamente, finiscono per essere introdotte nelle branchie andando a ledere i delicatissimi vasi sanguigni di cui si diceva poc’anzi. Se per la carpa, l’ingestione di aria che può avvenire al di fuori dell’elemento liquido non rappresenta particolari problemi, comunque risolvibili con alcune emersioni post rilascio, per l’Amur invece merita di esser presa in seria considerazione, in quanto questo pesce fuor d’acqua è delicato e la vescica natatoria si gonfia a dismisura proprio durante le fasi di permanenza all’asciutto. Capita poi nel momento del rilascio che il pesce sia impossibilitato ad inabissarsi, proprio perché non riesce ad espellere l’aria che si è introdotta nella vescica natatoria, in tempi relativamente brevi e sufficienti alla sua sopravvivenza. Vige quindi imperativa la regola di non rilasciare frettolosamente questo pesce, se non prima di averlo abbondantemente massaggiato sulla zona ventrale ed ossigenato, tenendolo per la coda, mandandolo avanti e indietro, fino a che non si intuisce una reale ripresa delle forze e dell’assetto natatorio.

Il cervello della carpa non è troppo grande, anzi, è proprio un piccolo organo! Spesso attorno all’intelligenza della carpa si sono create vere e proprie leggende metropolitane. “Pensare da carpa”, “carpe educate” ed altre amenità, sono solo dei modi di dire che qualcuno ha preso un po’ troppo alla lettera. Non possiamo parlare di pesci intelligenti, possiamo invece affermare che la carpa è dotata di una buona memoria sia visiva che olfattiva. Da questo fattore dipendono molti dei suoi comportamenti, che sono sempre istintivi e direttamente comandati dall’umore e che potrebbero sembrare ragionati ma che invece sono solamente dettati dal suo grande istinto di sopravvivenza, nulla più! Schemi comportamentali che per tanti tratti sono molto simili a quelli dei rettili, ossia votati sempre all’azione e mai al ragionamento… Compreso questo, sarà basilare per noi non essere troppo ripetitivi, in quanto le nostre ripetizioni sono lezioni di cui il pesce tiene conto. Possiamo evitare questi vantaggi, essendo flessibili nelle nostre strategie, in modo tale da proporre al pesce situazioni che lo colgano, di sorpresa, sempre impreparato.

Occhio La carpa ha una vista che, al contrario di quanto si possa pensare, è ben sviluppata. L’impianto visivo è simile al nostro. Gli occhi posti ai lati della testa, si muovono indipendentemente l’uno dall’altro, e le consentono un campo visivo di circa 50° ciascuno. Studi approfonditi hanno rilevato che possa distinguere oggetti anche inferiori ai 3mm e vedere alcuni colori in maniera molto distinta, tra i quali il blu ed il verde. E questo già si sapeva… Quello che invece si intuisce, è che il tutto sia in funzione alla limpidezza dell’acqua in questione e al fatto che i corpi interessati, nel nostro caso esche, siano sempre poggiati sul fondo. Le prove in laboratorio, fatte con cartoncini colorati posti a mezz’acqua, non sono nel nostro caso del tutto attendibili. L’esperienza allora ci viene in aiuto e ci suggerisce che più del colore della boilie, conta il suo contrasto con il colore del fondo. Ho potuto notare che i colori chiari, meglio se fluorescenti, sono un vero asso nella manica nelle acque limpide. Perché nel torbido, tutto questo non ha senso!

Orecchio Ovviamente i rumori sott’acqua si trasmettono diversamente che in aria, per cui il pesce non ha orecchie vere e proprie, ma percepisce nitidamente molte vibrazioni, attraverso gli organi preposti, tra i quali la linea laterale, anche da distanze ragguardevoli. I primi indiziati a tale scopo, sono i così detti “ossicoli Weberiani”, formazioni ossee, poste al di sopra delle branchie. Il pesce può percepire l’entrata in acqua di un piombo, oppure il rumore di un pescatore dal passo pesante, lo sciabordio di una barca ecc. anche da distanze da ritenersi del tutto ragguardevoli. Questi organi di senso sono talmente ben sviluppati che la carpa riesce a percepire l’esatta forma di un corpo in movimento senza la reale necessità di vederlo.

Comportamento Molto interessante il dato emerso dallo studio che riguarda il comportamento del pesce. Infatti questa specie, fino ad una certa taglia, mantiene un comportamento gregario. Vuol dire che carpe fino ad un certo peso, (e questo dipende molto dalla diversità del luogo, anche se mediamente i branchi più numerosi li riscontriamo in taglie fino a 6/8kg) si sposteranno in branchi più o meno numerosi. Si è certi che, grazie alla linea laterale, riescano a comunicare molto bene le une, alle altre, come dire che le loro percezioni sensoriali, vengono rapidamente moltiplicate, proprio quando si muovono in branco.

Digestione la carpa non ha stomaco, tuttavia è provvista di un lungo tratto intestinale, pari a circa 4 volte la lunghezza del suo corpo. Il primo tratto, di sezione più allargata, consente di ingerire ingenti quantità di cibo per poterle digerire in un secondo tempo. Proprio questo fattore ci fa comprendere di come questo pesce riesca a stupire per la sua voracità. La digestione non è complessa, né tantomeno lunga. Infatti, con temperature d’acqua ottimali, (al di sopra dei 18°c) con cibi di normale gestione digestiva, la durata della stessa dal momento dell’ingestione all’espulsione, si aggira all’incirca sulla durata di un paio d’ore. Vi è da segnalare che all’apparato digerente è affiancato un efficientissimo sistema masticatorio. I così detti denti faringei posti all’interno dell’apparato orale, proprio in zona faringea, i quali sono in grado di frantumare letteralmente i gusci più duri, tipo cozze o gamberi. Ed ora passiamo ad analizzare la scomposizione dei singoli nutrienti, in modo tale da carpire qualche nozione che ci possa aiutare in futuro, quando parleremo di digeribilità di una boilie.

Proteine Essendo assente lo stomaco, ne tantomeno la produzione di qualsiasi acido, la scomposizione di questi complessi nutrienti è affidata esclusivamente agli enzimi pancreatici (tripsina e chimo tripsina, due enzimi che fanno parte della famiglia delle idrolasi) che rompono le catene amminoacidiche, rendendo disponibili i singoli aminoacidi o bi e tri- peptidi, facili così da assorbire e da convertire in energia e crescita. Questo meccanismo però, non è perfettamente regolato per digerire le complesse proteine vegetali, tipo il glutine, tra l’altro non presenti in natura, mentre al contrario, risulta efficientissimo per la scomposizione delle proteine animali.

Grassi I grassi vengono idrolizzati e scomposti nelle loro strutture primarie, ossia in acidi grassi, dalla bile prodotta dal fegato ed immagazzinata dalla cistifellea. Questo efficiente meccanismo rende la carpa molto abile nella digestione dei grassi, a patto che questi ultimi non si presentino in forma solida, magari proprio a causa della bassa temperatura dell’acqua. È sensato pensare ai grassi come una fonte energetica di primaria importanza per la carpa fino a temperature vicine ai 18°c, al di sotto delle quali è altrettanto sensato ridurne anche drasticamente il loro uso.

Carboidrati In buona sostanza, questo importante gruppo di nutrienti, non è indispensabile per la carpa abituata in natura, a trovarne ben pochi. Inoltre non vi è nel pesce alcuna specializzazione nel poter digerire questo tipo di alimenti. Infatti nelle proteine, gli aminoacidi sono i principali energetici utilizzati dal pesce. Tuttavia è L’amilasi il principale enzima responsabile nella scomposizione dei polisaccaridi in zuccheri semplici e questo viene secreto direttamente dalla mucosa intestinale. Risulta comunque impossibile la digestione di complesse strutture come la cellulosa o la lignina, rimanendo comunque sempre molto difficile la scomposizione dell’amido non trattato termicamente. In definitiva i carboidrati più semplici da gestire dall’apparato digerente della carpa sono gli zuccheri semplici e gli amidi che hanno già subito un trattamento termico di gelatinizzazione.

Gusto e olfatto A tal proposito mi piace sempre ricordare una storiella. Se mi vogliono fare lo scherzo di mettere il sale nel caffè, mi fregherebbero facilmente, in quanto io umano, non riesco a percepire dall’odore che il caffè è salato… Ebbene la carpa si! Afferrato il concetto? Nella carpa, i sensi di olfatto e gusto sono riconducibili ad un unico apparato. Se per un uomo mangiare un cucchiaio di crema e uno di cioccolato col naso tappato, vuol dire sentirne indifferentemente solo il dolce, per il nostro ciprinide non è così, riconoscerebbe i due gusti in maniera distinta. L’acqua entra e viene filtrata dalle narici, quei due fori posti sopra gli occhi. Di seguito un sistema olfattivo molto sviluppato consente di decifrare le sostanze disciolte e a identificarle come utili o meno all’alimentazione. L’olfatto nella carpa funziona anche con l’ausilio di tanti organi distribuiti più o meno su tutto quanto il corpo che consentono di recepire le sostante chimiche presenti nell’elemento liquido. A tale proposito non dobbiamo dimenticare che i segnali chimici che introduciamo nelle nostre esche non sono quanto di più naturale la carpa sia abituata a trovare in natura, a volte concentrazioni troppo elevate mandano in tilt il sistema di recettività del pesce, di solito abituato a segnali molto blandi e diluiti in intensità. Altro fattore, per meglio dire, leggenda metropolitana da sfatare, è quella che vede questo pesce capace di cogliere messaggi olfattivi da distante enormi. Falso! Dobbiamo iniziare a ragionare che l’olfatto è si molto sensibile ma non in grado di andare oltre ad una sensibilità capace di percepire una parte su un milione, (dato riferito a prove sugli aminoacidi) che messo in pratica potrebbe essere descritto come un metro cubo d’acqua. Va anche detto che la sensibilità degli organi di olfatto del pesce è fortemente influenzata dalla qualità dell’acqua in cui vive. In questo pesce funziona benissimo anche il senso del gusto. Queste terminazioni nervose si trovano concentrate soprattutto nella zona interno - bocca e dei barbigli. Queste terminazioni funzionano soprattutto per contatto e vanno a sommarsi alle informazioni ricevute da quanto descritto antecedentemente, solo dopo aver compreso se i segnali possano essere positivi, la carpa si nutrirà. Spesso, per i motivi disquisiti, eviterà la nostra esca senza neppure averla messa in bocca. Per questo è sempre molto importante curare le nostre esche sia dal punto di vista dei segnali chimici, sia sotto il profilo prettamente gustativo.

 

Cose curiose Sapete come si riconosce in maniera scientifica il sesso nelle carpe? Prima di tutto determiniamo le misure biometriche ovvero la misura A, cioè quella che va dall’apice del muso, all’inizio della pinna caudale (coda esclusa), e della misura B che si misura dall’estremità del muso, al margine posteriore dell’opercolo (fine della branchia). Il rapporto tra le misure A e B darà un risultato che se è inferiore o uguale a 3,7, l’esemplare misurato sarà femmina, se invece il rapporto sarà uguale o superiore a 3,8 la carpa sarà di sesso maschile. Altra curiosità tiene conto dei tassi di accrescimento di questa specie. Molto diversi in relazione all’ambiente in questione. Bacini d’esempio, tipo la Camargue Francese, o il Delta del Danubio, molto simili al nostro Nord Italia, danno responsi pari a pesci di 40/50 cm di lunghezza in 11 anni di vita. Se lo stesso pesce fosse vissuto per lo stesso periodo nel mar Caspio, avrebbe raggiunto i 120 cm di lunghezza! Penso comunque a tutti quei laghi privati francesi dove ogni giorno si batte un record… Altro che mar Caspio!