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Fin che la barca và...

 FIN CHE LA BARCA VA...

Stefano Forcolin

 

 

Per mia grande fortuna ho scoperto il meraviglioso mondo del carpfishing agli inizi degli anni novanta. Ricordo benissimo che in quel periodo magico  passavamo molto tempo a discutere sull’uso di canne ultra performanti nel lancio, di Cobra sempre più leggeri,  fionde dall’avveniristico design, di catapulte e barchini radiocomandati; tutto era orientato per raggiungere delle notevoli distanze che potessero consentire di operare fuori della portata della maggioranza dei pescatori. Tale periodo però non durò a lungo, in quanto i carpisti più intraprendenti non persero molto tempo nel mettersi all’opera con l’aiuto di imbarcazioni. I vantaggi furono molteplici, istantanei e alquanto sorprendenti, tanto che quei tempi passati a sforzarsi di migliorare nel lancio diventarono ben presto solo un bellissimo ricordo. Oggi a distanza di dieci anni le cose sono molto cambiate e l’uso del natante è diventato quasi una consuetudine e una pratica di massa, al punto tale che è quasi improponibile sperare di poter affrontare gran parte delle acque senza pensare di potersi avvalere dell’aiuto di un natante. In Inghilterra dove la nostra tecnica ha affondato le sue radici , il carpfishing che contempla l’aiuto di una imbarcazione non ha avuto gran seguito, essenzialmente per la conformazione dei laghi nei quali si svolgeva prevalentemente la pesca, questi siti, non molto vasti per estensione, hanno subito obbligato chi li gestiva a precludere l’uso di ogni tipo di imbarcazione, in tal modo lo sviluppo di tale pratica non ha trovato terreno fertile per instaurarsi in modo stabile fra le abitudini ed il modo di affrontare la pesca degli anglosassoni, i quali però, hanno potuto così maturare approfondendo altri sistemi altrettanto ingegnosi  e altamente paganti che risultano sempre utili nelle occasioni più svariate. I carpisti Inglesi che sono usciti dal Regno Unito per cercar fortuna dapprima nelle grandi riserve Francesi e poi nel resto del continente, sono i veri artefici e precursori di questo vero e proprio stile di pesca. Il lago di S. Cassien è stato fra i primi a veder nascere il carpfishing con la barca, questo si è verificato in primis per la grande difficoltà che esisteva nel portare i pesci a riva  in quanto questi luoghi  presentavano una moltitudine di ostacoli sommersi che rendevano quasi impossibile effettuare una cattura senza essere coadiuvati da un mezzo galleggiante. Da questa primaria esigenza nascono e si sviluppano tutta una serie di strategie (pasturazioni, posa terminali, long range ecc.) che ruotano attorno al mezzo acquatico. In Italia vi è un panorama di acque molto variegato: ed è proprio la grande presenza di specchi d’acqua di una certa vastità , ad offrire in breve la possibilità di gustare appieno i molteplici benefici derivanti dall’uso della barca nel carpfishing, tanto che l’imbarcazione è divenuta un accessorio irrinunciabile nell’attrezzatura di ogni buon carpista. Ogni imbarcazione da carpfishing deve possedere poche ma irrinunciabili caratteristiche, che vanno valutate in base a vari parametri quali i luoghi, numero di pescatori che dovranno farne uso contemporaneamente e le strategie che intenderemo applicare. Se peschiamo da soli, una piccola imbarcazione, molto leggera, anche del tipo pieghevole, (tipo Mariposa) ci potrà acconsentire di operare senza limitazioni, o meglio, riusciremo da soli a provvedere al carico sull’autovettura , alla pasturazione (granaglie in pole-position) alla posa delle esche, al combattimento in luoghi ingombri, ed anche al trasporto delle attrezzature per raggiungere gli spot più interessanti e inavvicinabili da riva. Ritengo questa fase come fra le più delicate e degna della massima attenzione da parte nostra. Non bisogna mai sottovalutare il fattore di sovraccarico, peraltro molto frequente per queste imbarcazioni di tipo leggero, per questo motivo mi è capitato di vedere in difficoltà più di un equipaggio e questo senza dover nominare marche e modelli in quanto nessun mezzo natante è esente da tale rischio. Optiamo sempre per un viaggio in più! Il giubbetto di salvataggio non deve rimanere in auto ma ben allacciato in vita, a bordo evitiamo di indossare waders e stivaloni vari, pesanti calzature, per quanto possibile, vanno lasciate slacciate. Prestiamo la massima attenzione in presenza di moto ondoso, se questo compromette la sicurezza non esitiamo ad evitare di entrare in acqua, dobbiamo inoltre sempre valutare attentamente la velocità di crociera, non sempre infatti la quarta marcia di un Minn-Kota risulta essere la scelta più appropriata. In effetti, combinazioni come sovraccarico, leggero moto ondoso e massima velocità, sono cocktail esplosivi, in quanto ogni minimo squilibrio, oppure un’onda anomala, possono creare una situazione di pericolo molto elevata. Un’altra scelta può ricadere verso un tipo di imbarcazione da 2/3 persone, questi sono natanti più pesanti ma pur sempre maneggevoli e facilmente trasportabili, del resto 2 persone riescono ad operare in tranquillità con il minimo sforzo. Queste ultime offrono maggiore stabilità e possibilità di carico, ma non ci fanno godere del vantaggio di poter essere da soli e forse questo è un bene. Un ottimo requisito è dato dal fondo piatto che dona grande stabilità anche quando siamo soli e sporti su di un lato, le alte sponde sono una ulteriore garanzia a favore della sicurezza e se la scocca è doppia siamo sicuri di poter disporre di un assieme di giusti ed equilibrati compromessi che hanno in primis l’occhio puntato sulla sicurezza. La menzione è d’obbligo per ricordare che tali imbarcazioni dovranno pur sempre avere delle qualità tali da poter essere trasportate su autovetture e questo dovrà avvenire senza far venir meno la tranquillità di chi viaggia con e attorno a noi; dovranno possedere inoltre la possibilità di essere trasportate all’interno dei furgoni che sempre più stanno prendendo piede come idoneo mezzo di trasporto del carpista che viaggia molto. Apro volentieri una finestra sui gommoni in quanto appaiono come un buon compromesso tra stabilità (sicurezza) e trasportabilità (maneggevolezza e ingombro) per contro però non offrono il massimo della collaborazione nel pieno dell’azione in quanto per colpa di un’eventuale effetto ventoso, le loro caratteristiche di leggerezza e mancanza di attriti tendono a farci “spazzare via” dal punto prescelto magari durante una delicata fase di posa e conseguente richiamo mirato. Altri limiti si denotano oltretutto in fase di combattimento ciò si verifica per i motivi legati all’effetto “planante” appena esposti. Nel caso in cui si voglia motorizzare le nostre barche , è sempre conveniente farlo con un motore del tipo elettrico, Motorguide, Minn-kota...Sono scelte sensate e sicure, nei libbraggi più generosi potranno oltretutto farci godere di un più alto grado di affidabilità. E’ molto importante alimentare le nostre eliche con batterie di buona qualità ad alto amperaggio, diventa uno sperpero, in queste occasioni, tentare di risparmiare. In ogni caso ricordiamoci di avere sempre a bordo un paio di remi e una sessola (paletta per svuotamento), che oltre a tenerci in forma serviranno a toglierci dai guai nel momento del bisogno. Alcune note particolari vanno rivolte al modo di attraccare la nostra barca pronta all’uso in fase di pesca, questa può essere posta al centro rispetto ad eventuali due rod-pod, legata con un nodo a sgancio rapido, pronta nel caso di combattimento con l’uso della stessa, guadino aperto a bordo, pena la sua dimenticanza (successo) e motore sollevato scongiurando il rischio che il pesce allamato ci vada a girare attorno (successo) usufruendo di essa come pontile mobile per la fase del guadino. Altra occasione in cui solleveremo il motore sarà durante il combattimento dalla barca, una volta raggiunta la carpa e saremo sopra il pesce. Quest’ambito mi fa venire alla mente un ottimo stile con il quale il mio buon amico Sergio Tomasella adotta nei suoi  “epici” combattimenti in compagnia della sua “Bosco”. Sergio si siede a “cavallo” della panca centrale e combatte la preda con la barca posta trasversalmente, offrendo così una maggiore resistenza, che si traduce in pesci sfiniti all’interno del capiente guadino. Altra buona regola che il sottoscritto invece puntualmente infrange è quella che in barca si stà sempre seduti. Siamo tutti concordi nel sottolineare il fatto di quanto un’imbarcazione giochi nel ruolo di centrattacco nella pesca dei più belli e grossi esemplari: non dimentichiamo però di tenere sempre bene a mente che dovremo essere noi ad andare incontro alla carpa, come del resto sarà sempre lei a scegliere proprio noi, una volta capito questo riusciremo ad assaporare la vera essenza della nostra unica, grande passione e probabilmente saremo tutti un po' più umili!...