Preparare le boilies non è complicato ci vuole solo ordine, organizzazione ed alcuni attrezzi dedicati in funzione dei quantitativi che dobbiamo gestire.
Gli attrezzi base per un self maker che voglia basare la stagione di pesca esclusivamente sulle proprie esche sono:
-bacinella per miscelare
-set di misurini calibrati
-trapano miscelatore
-pistola pneumatica da estrusione
-tavole di rullaggio
Con il sistema classico si rompono le uova nel quantitativo previsto per la ricetta, si dosano le componenti liquide e i solidi da inserire extra peso del mix, si mescolano bene con le uova usando la frusta del trapano miscelatore a buona velocità e quindi si addiziona poco per volta il mix abbassando il ritmo di impasto, fino a giungere alla giusta densità.
In genere la consistenza è ideale quando c’è una buona elasticità dell’impasto e quest’ultimo non appiccica più le dita.
A questo punto si lascia riposare qualche istante e poi si estrudono le salsicce del diametro adatto alla tavola e si rullano le palline per poi lasciarle asciugare qualche minuto prima della cottura, per farle diventare più dure ed evitare che si deformino nelle ultime fasi del processo.
Per quello che riguarda la cottura devo dare merito e ringraziare il mio caro amico Daniele Jimmy Moro che nei primi anni ’90 si inventò di cuocere le esche a vapore rivoluzionando il classico sistema della bollitura che stressa molto gli ingredienti delicati dei mixes e comporta una perdita di sostanze idrosolubili quantificabile fra 10 e 30%.
Il geniale carpista Veneto intuì che la cottura potesse avere un ruolo determinante nella funzionalità dell’esca perché determina una trasformazione della superficie della boilie che ne modifica la capacità di scambio con l’acqua e si accorse pure che in questo modo si potevano cuocere insieme molte più esche, riducendo i tempi di questo passaggio.
Quindi le boilies si pongono nei cestini a contatto del vapore, facendo in modo che non sormontino le une sulle altre e lasciandole per il tempo necessario in funzione del mix.
La fase di cottura è delicata per tutte quelle miscele ricche di farine animali e birdfood che rischiano di gonfiarsi molto e incamerare aria, innescando problematiche di galleggiamento future.
Questi problemi sono dovuti al calore che dovrebbe quindi essere controllato magari mediante una piccola sonda inserita nella pentola stessa o comunque regolando la fiamma molto bassa quando si inseriscono i cestelli nel pentolone.
Anche la durata della cottura può evidenziare problematiche simili quindi è opportuno conoscere bene le tempistiche dedicate ad ogni nostra variante di esca che si ricavano facendo delle prove, partendo da 1 minuto ogni 10 mm. di diametro delle palline( esempio 2,5 minuti per esche da 24 mm.) estraendo un’esca alla volta ogni mezzo minuto, per vedere sezionandola a metà, quando la cottura raggiunge il centro della stessa.
Esche a base di 50\50 non presentano particolari problemi di deterioramento e possono essere cotte senza troppi pensieri.
Una volta scolate si lasciano riposare qualche minuto su un panno che assorba l’umidità residua e quindi si pongono ad asciugare su graticci o cestini che permettano la circolazione dell’aria avendo l’accortezza di smuoverle nelle prime ore di questa fase in modo che non si appiccichino fra loro.
La fase di asciugatura è fondamentale per la conservazione a prescindere che si siano inseriti nell’ impasto o spruzzati dei prodotti conservanti che minimizzino il rischio del deterioramento.
Costruire un buon essiccatoio è fondamentale come porlo in una stanza asciutta e fresca oppure, in mancanza di migliori possibilità, metterlo all’ interno di un deumidificatore costruito artigianalmente.
La maniera migliore per realizzare questo accessorio è acquistare una serra da interni delle dimensioni adatte al quantitativo di esche che dobbiamo asciugare e dotarla di un estrattore di umidità elettrico e di una sonda che possa monitorare il tasso di umidità.
Il metodo crazy:
spesso ci affidiamo ai soliti sistemi senza domandarci se esistono dei metodi migliori, accontentandoci.
Nello sviluppo delle mie esche crazy ho voluto rielaborare il metodo classico in funzione dell’obbiettivo di inserire nelle boilie quanta più componente attrattiva possibile e per farlo ho osservato come venisse affrontato il lavoro di impasto nella cucina tradizionale.
Mi sono accordo che i grandi chef operano esattamente al contrario di come siamo abituati, mettendo i liquidi nelle farine e non viceversa.
Questo particolare sistema permette di adattare il quantitativo di ingredienti liquidi dosando a sensazione l’uovo in funzione dell’impasto, con la possibilità di correggere sempre la situazione al fine di raggiungere la miglior soluzione possibile.
Questo processo funziona particolarmente bene utilizzando impastatrici planetarie ma è adattabile anche al manuale o con il trapano miscelatore.
Praticamente prepariamo le farine nel quantitativo canonico in funzione degli attrattori, di norma 1 chilogrammo o multipli, prepariamo la dose di liquid food prescelto e misceliamo addizionando anche quegli ingredienti che hanno dosaggi molto bassi, emulsioniamo bene e poi incorporiamo ai solidi, impastando fino a completo assorbimento.
In questa fase i liquidi si legano ai solidi distribuendosi per capillarità ed è conveniente lasciare riposare un paio di minuti in modo da enfatizzare questa fase, quindi ricominciamo ad impastare aggiungendo 1 uovo alla volta fino a raggiungere la plasticità dell’impasto che più ci aggrada per procedere all’ estrusione e infine rullare.
Il metodo crazy prevede anche che le esche vengano lasciate riposare per tutta una notte prima di essere cotte in modo che tutti gli ingredienti si integrino fra di loro e vi sia il minimo di perdita o spreco durante la fase termica.
A questo punto si cuociono a vapore, si scolano e si ripongono sui graticci, vaporizzandole ancora calde con una miscela di acqua, zucchero e vitamina C con azione antiossidante e di attrazione aggiunta, composta con 1 litro di acqua demineralizzata, 100 grammi di zucchero e 50 grammi di vitamina C.
Dopo averle asciugate per almeno 48 ore si può scegliere di lasciare disidratare completamente le esche mantenendole sui graticci fino a che siano completamente secche per poi trasferirle in sacchi di rete oppure congelarle.
Questa forma molto disidratata risulta più lenta come azione in acqua ma la durezza rappresenta un vantaggio se pasturiamo rendendole inattaccabili ai pesci di disturbo, mentre il congelamento è la miglior scelta da un punto di vista dell’attrazione in quanto mantiene tutta la fragranza e la massima qualità organolettica delle farine e degli ingredienti impiegati. Questo sistema è sempre stato il mio preferito e può essere ottimizzato con l’acquisto di un congelatore a pozzetto che è un elettrodomestico relativamente economico con una capacità di gestione di alcuni quintali di esche.
Molti pescatori preferiscono imbustare o conservare in fusti e secchielli a chiusura ermetica. Questa pratica è molto rischiosa perché si rischia di irrancidire le componenti animali e i derivati del latte, compromettendo l’efficacia nutritiva e gustativa del prodotto .
La cosa è particolarmente grave perché le esche potrebbero essere apparentemente normali e manifestare il problema sono assaggiandole per individuare il gusto acre e cattivo delle farine deteriorate.
Per ricorrere a questa soluzione è necessario ricorrere ai conservanti specifici di cui abbiamo parlato nel paragrafo dedicato e riuscire a creare un’atmosfera controllata nei contenitori.